ANCORA UNA VOLTA SI VOTERÀ SENZA POTERE SCEGLIERE

ANCORA UNA VOLTA SI VOTERÀ SENZA POTERE SCEGLIERE

di Giuseppe Gullo

La strada delle elezioni è quella maestra in democrazia. Su di essa non possono e non debbono essere avanzati dubbi o perplessità né, tantomeno, preoccupazioni sull’esito che sarà deciso dagli elettori. Vi sono molti esempi di sistemi democratici che hanno affrontato tornate elettorali ravvicinate ed hanno mantenuto saldamente integre e vitali le Istituzioni. Recentemente questo è avvenuto in Israele e in Spagna e, con diverse modalità, nel Regno Unito dove il Governo guidato da Jhonson, che aveva vinto le elezioni anticipate, è in crisi.

La riflessione deve riguardare piuttosto le ragioni per le quali si è giunti alle elezioni anticipate anche se solo di pochi mesi, considerato che la Legislatura avrebbe avuto la sua fine naturale nel marzo dell’anno prossimo. Su questo versante le motivazioni sono di più difficile comprensione secondo i criteri di valutazione per così dire normali.

Il M5S, partito di maggioranza relativa che aveva conseguito nelle elezioni del 2018 quasi un terzo dei voti, componente della coalizione di Governo con un’ampia e importante delegazione, attraversa un periodo di grave crisi interna testimoniata dalla scissione guidata dall’ex capo politico e attuale Ministro degli Esteri che ha lasciato il Movimento seguito da circa 60 parlamentari. Qual è formalmente la materia del contendere? I 5S rivendicano una discontinuità nell’azione di Governo e indicano alcune questioni sulle quali prontamente il Presidente del Consiglio ha dato riscontro positivo.

E’ bene ricordare che qualche giorno prima della richiesta di detta verifica, era trapelata la notizia, de relato, che in un colloquio riservato il Presidente Draghi avrebbe chiesto al fondatore del movimento Grillo di rimuovere il Prof Conte, ex Primo Ministro, da capo politico. Le smentite non sono valse a nulla e il fatto è stato ritenuto come effettivamente avvenuto sebbene non sia credibile che una persona del livello del Presidente Draghi abbia potuto fare un’affermazione di quel genere. Subito dopo è partita l’offensiva contro il Governo. Gli incontri e i chiarimenti non hanno avuto esito tanto che il premier ha rimesso il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica. Quest’ultimo ha rinviato il Governo alle Camere nella speranza che vi fosse un ripensamento in considerazione della gravissima congiuntura interna e internazionale.

A questo punto i professionisti della politica, Salvini e Berlusconi, entrambi in caduta libera rispetto alla crescita di FdI, hanno colto la ghiotta occasione che si presentava per ottenere il loro vero e primo obiettivo: le elezioni anticipate, ponendo l’aut aut: o fiducia senza M5S o crisi. Chi aveva messo in moto il meccanismo per avere visibilità e riacquistare ruolo e credibilità non è stato più in condizione di gestirlo, è caduto nel panico, ha dichiarato che avrebbe votato la fiducia per smentirsi subito dopo. Ha certificato che il dilettantismo in politica, come in ogni altra attività, dà solo frutti avariati. La destra ha ottenuto ciò che voleva, Conte recita la parte di chi ha tirato la pietra e nascosto la mano, dicendo che non pensava di potere rompere i vetri.

Gli argomenti che non sono stati trattati per niente sono quelli che puntualmente, con calma, precisione e sicurezza il premier Draghi ha sottoposto al Senato in occasione delle sue comunicazioni. E’ stato un intervento di alto livello nel quale il Capo del Governo non ha mancato di sottolineare l’impegno assunto di fronte al Paese, gli atti votati dall’esecutivo all’unanimità, gli obiettivi raggiunti e quelli già in dirittura d’arrivo. Parole al vento rivolte a forze politiche tutte intente a giocare al meglio la partita nel loro esclusivo interesse senza preoccuparsi di quello generale.

Il PD ha fatto da spettatore, bloccato dall’innaturale alleanza con i grillini e dalla mancanza di una proposta politica seria e credibile sui temi propri di una forza di sinistra e progressista. La nascita del governo delle larghe intese era stata una scelta giusta sia per mandare a casa il Governo Conte del tutto inefficiente e inadeguato e sostituirlo con quello a guida della personalità italiana con il più alto prestigio nel mondo e per consentire al tempo di fare la sua parte facendo esplodere le contraddizioni e il vuoto politico del M5S, nato come anti casta e dimostratosi subito desideroso soltanto di inserirsi nel potere senza conoscere neppure l’abc della Politica, quella vera.

Adesso tutto è in mano agli elettori dopo una campagna elettorale breve che le ferie estive renderanno poco seguita e caratterizzata dalla ricerca degli slogan e delle parole d’ordine più che dei contenuti e degli approfondimenti. Tutti ci auguriamo che ciò che la corsa precipitosa al voto non produca danni rilevanti soprattutto sul fronte economico in relazione ai finanziamenti del PNRR. Per il resto ogni cosa andrà avanti per forza d’inerzia com’è accaduto mille volte e come è giusto che sia in una democrazia avanzata.

Una considerazione tuttavia mi pare necessaria. L’attuale Parlamento ormai alla fine del suo mandato, è stato giudicato impietosamente il peggiore della storia repubblicana. Sicuramente non ha prodotto granché e in alcuni settori è stato del tutto assente o quasi. Mi riferisco a quello dei diritti civili, alla regolamentazione del fine vita, alla disciplina dei flussi migratori, allo ius soli, allo ius scholae, all’ergastolo ostativo e a tanto altro ancora. Su un problema, in particolare, a mio avviso, l’omissione è stata gravissima. Voteremo a settembre col Rosatellum, forse il peggiore dei sistemi elettorali adottati dal bel Paese, fortemente indiziati di incostituzionalità come sostiene un gruppo di giuristi siciliani con in testa il sen. Palumbo, Presidente di Democrazia Liberale, in un ricorso pendente davanti alla Corte di Appello di Messina, di cui ha chiesto con urgenza la decisione.

Un meccanismo ibrido, né maggioritario né proporzionale, nel quale i Parlamentari saranno scelti dai partiti con liste bloccate senza che l’elettore possa esprimere preferenze. Nessuno si lamenti dell’astensionismo, se malauguratamente dovesse crescere. Una delle cause, non secondaria, se accadesse, sarebbe imputabile al mancato intervento legislativo da tutti voluto a parole e boicottato nella realtà, a riprova che la cosa che interessa ai capi partito è quella di scegliere a piacimento in base alla fedeltà e ai vincoli di interesse e/o di famiglia piuttosto che di coinvolgere l’elettore nelle scelte che più direttamente lo riguardano.

La battaglia per i seggi, diminuiti dall’inutile riforma costituzionale, sarà all’ultimo sangue. Saranno molti i caduti sul campo ma per essi non vi sarà alcun epitaffio.

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