IL FLOP DEI REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA

IL FLOP DEI REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA

di Giuseppe Gullo

Non era difficile prevedere, anche per chi sperava in una seria riflessione dell’elettorato, che i referendum sottoposti al voto popolare non avrebbero raggiunto il quorum. Maggiore delusione lascia la bassa percentuale di votanti, appena il 20%. Il Presidente della più importante società di sondaggi attribuisce l’esito a tre cause: l’astrusità dei quesiti, la scarsa informazione e la mancata mobilitazione dei partiti e delle forze sociali. E’ certamente così sebbene, a mio giudizio, questo non chiarisca e non giustifichi una percentuale così bassa. E’ probabile che una parte dell’elettorato potenzialmente interessato ai quesiti referendari e, più in generale, allo stato della Giustizia, non sia andata a votare sfiduciata dalla quasi certezza del mancato raggiungimento del quorum e dalla inettitudine dei Governi che si sono succeduti.

Personalmente non condivido una simile posizione per varie ragioni che cercherò di chiarire.

Le regole della democrazia liberale non ammettono deroghe e/o eccezioni. L’esito del voto o dell’astensione, come nel caso in questione, è un dato matematico il cui significato è preciso. Ovviamente, a esso ciascuno può dare l’interpretazione che ritiene più giusta e più aderente al suo modo di intendere lo stato e i processi della politica. Il risultato tuttavia è quello che è, e deve essere rispettato. Nello stesso tempo chi ha conoscenza delle questioni e ritiene che sia giusto sottoporre a chi la pensa diversamente  i propri argomenti, deve utilizzare i mezzi di cui dispone per portare avanti e sostenere le proprie idee. In questa ottica, fare parte di una minoranza che cerca di comunicare a chi la pensa in modo differente le proprie idee per farle diventare comuni al maggior numero possibile delle persone, mi sembra un’attività assolutamente gratificante e degna di essere praticata. Chi ritiene di avere argomenti validi deve sottoporli alla valutazione di chi la pensa diversamente o di chi non ha mai riflettuto su determinate questioni. Capisco bene che alcuni temi d’impatto più diretto e immediato sull’opinione pubblica, come furono il divorzio e l’aborto, il finanziamento pubblico e il nucleare, siano stati subito percepiti e ritenuti degni della massima considerazione, ma chi ci crede deve fare altrettanto anche per quei quesiti che nella loro formulazione tecnica sono di difficile comprensione e che tuttavia hanno un’importanza equiparabile a quella delle questioni sopra indicate.

Sulla Giustizia si gioca una partita di enorme importanza per tutti, senza eccezioni, e per la salvaguardia delle istituzioni democratiche.

I veri beneficiari dell’astensionismo sono i magistrati, la casta che essi costituiscono, i quali hanno come unico obiettivo quello di continuare a essere i veri gestori del potere reale rispetto al legislativo e all’esecutivo, sottratti di fatto a qualunque forma di verifica del loro operato e della produttività, liberi da ogni vincolo compreso quello supremo dell’applicazione della legge che viene “adattato” alle loro esigenze a seconda del fine che si persegue.

Tutto questo mentre i mezzi di comunicazione non possono fare a meno di riferire notizie sconcertanti di inchieste in cui risultano coinvolti alti magistrati per aver violato doveri d’ufficio, o per avere concordato in sedi improprie nomine in posti di grandissima responsabilità, o per avere ritardato o insabbiato indagini delicate, o per avere ottenuto trattamenti di favore per congiunti e/o amici o per loro stessi. Senza contare poi le notizie che appaiono appena, quasi di passaggio, per essere poi abbandonate come se non avessero alcuna importanza.

Cito due soli esempi. A Brescia si sta celebrando il dibattimento nel quale è imputato l’ex PM Davigo in relazione alla divulgazione dei verbali secretati delle deposizioni rese da Amara ai PM di Milano. Il sostituto Storari che consegnò i verbali a Davigo, ha dichiarato davanti al Giudice che non conosceva Davigo ma che era ed è amico della sua compagna, che è il capo del dipartimento antimafia della Procura milanese, che rese possibile l’incontro. Non precisa se fosse presente quest’ultima agli incontri che si svolsero a casa della medesima, che è anche quella di Davigo, ma è presumibile che la predetta fosse a conoscenza di tutto. O vogliamo credere che Storari abbia chiesto alla collega e amica di incontrare riservatamente il suo compagno, membro del CSM, per parlare , che so?, del campionato di calcio?

A Perugia nel processo che vede imputato Palamara per corruzione, un alto ufficiale della Guardia di Finanza, sentito come testimone, ha dichiarato che i rapporti relativi alle indagini delegate al GICO dalla Procura venivano dati ad Amara prima di essere trasmessi ai magistrati. Dalle indagini effettuate per scoprire la talpa è emerso solo il nome di un sottufficiale. Si è appreso inoltre che le indagini continuano a essere delegate alla Guardia di Finanza che si è resa responsabile della divulgazione a un indagato, e che il CSM, informato di tutto, non si è mai occupato della questione. Per restare in campo calcistico, è come se un allenatore a conoscenza che il portiere della sua squadra incassa goal di proposito continuasse a mantenerlo al suo posto.

Queste e tante altre vicende che riempiono quotidianamente i notiziari e la carta stampata, hanno creato un’evidente invasione di campo dell’ordine giudiziario rispetto ai due poteri fondamentali il legislativo e l’esecutivo. Ne è lampante esempio la vicenda della riforma in discussione al Senato, mille volte modificata per i veti posti dall’ANM, annacquata fino a diventare un leggero correttivo che non risolverà nulla, ben lontana dagli interventi radicali e strutturali di cui si è parlato inutilmente per lustri.

Unico aspetto positivo, per quanto modesto, della tornata elettorale referendaria è stata la maggioranza dei SI all’abrogazione in tutti i quesiti compresi quelli più a “rischio”, quali l’abrogazione della legge sulla incandidabilità e la restrizioni del ricorso alle misure cautelari. Anche in questi la maggioranza assoluta di chi ha votato ha espresso la volontà di modificare il sistema vigente. Per i primi due i NO sono stati in una percentuale rilevante, soprattutto per il primo, ma occorre sottolineare che la maggioranza assoluta si è espressa   comunque per l’abrogazione e che la formulazione del quesito ha aumentato il numero dei NO; per altro verso, merita un’adeguata sottolineatura la grande maggioranza a favore della separazione delle carriere dei giudici ormai ampiamente ritenuta opportuna dall’opinione pubblica.

Aspettiamo adesso di vedere cosa accadrà al Senato nei prossimi giorni sulla c.d. riforma Cartabia e quali saranno le reazioni dell’ANM che, dopo avere clamorosamente fallito con lo sciopero, ha ripreso fiato e vigore proprio in ragione del risultato referendario.

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