I tanti porti meridionali dimenticati
di Giovanni Mollica
Responsabile Nuovo meridionalismo di Democrazia Liberale
Giorno dopo giorno diventa più chiaro che uno degli obiettivi della guerra di Putin è ampliare l’accesso della Russia sul Mar Nero. Una grande potenza, o chi aspira a diventarlo, non può rinunciare ad avere basi militari e commerciali strategiche per controllare i flussi mercantili mediterranei. La Turchia è già molto avanti e la Russia procede spedita. Libia insegna.
L’Italia non è certamente una grande potenza e non aspira a esserlo di per sé. Ma è parte dell’Ue e della Nato, si trova al centro di un mare dove passa una quota rilevante dei traffici mercantili del pianeta e sono sepolti preziosi giacimenti di gas e petrolio. Pesante responsabilità alla quale non può rinunciare, pur se fa di tutto per dimenticarlo allo scopo di favorire le lobby che pretendono di perseguire indisturbate i loro affarucci di bottega a danno del Paese intero .
Nel numero 4/17 (2017 !!!) di Limes, Lucio Caracciolo diceva che vi sono tre modi di contare in geopolitica: perché sei una potenza; perché servi a una o più potenze; perché puoi danneggiare potenze rilevanti … l’Italia rientra di diritto nel secondo e nel terzo modo e deve rassegnarsi a “contare” di più ed è proprio in tale ottica che la guerra in Ucraina può fare da sveglia, obbligando chi di dovere ad avviare provvedimenti coerenti col ruolo geostrategico dell’ex Bel Paese.
E’ paradossale che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti abbia investito in Sicilia una montagna di miliardi per la base di Sigonella – dalla quale forse decollano i droni diretti in Ucraina – e il sistema satellitare MUOS, al fine di controllare Mediterraneo e dintorni; mentre i Governi italiani si ostinano a considerare strategicamente insignificanti gli scali più meridionali, destinando la maggioranza delle risorse pubbliche a quelli con latitudine superiore ai 41°, palesemente incapaci di competere col Pireo (Grecia), Ambarli e Mersin (Turchia), Valencia, Algeciras e Barcellona (Spagna), Tanger-Med (Marocco), Port Said (Egitto) e perfino Marsaxlokk (Malta).
In termini giuridici, il comportamento dei governi italiani sarebbe tacciabile di bancarotta preferenziale, avendo curato solo gli interessi di alcuni a danno di altri in un Paese prossimo al fallimento. Possibile che i Ministri dello Sviluppo economico (Giorgetti) e delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili (Giovannini) non si rendano conto della reale situazione e delle cause che l’hanno generata? E che il Ministro del Sud e della Coesione territoriale (Carfagna) non riesca a opporsi a una politica che è causa di conseguenze drammatiche per i cittadini che il suo Ministero deve tutelare?