Il tragico evento di Capitol Hill
Articolo di Stefano De Luca
Il tragico evento di Capitol Hill, per chi, come noi, è un amante della libertà, ha rappresentato come una sorta di funerale della più antica democrazia rappresentativa del mondo. Il significato simbolico di quel drammatico assalto va ben al di là del semplice, pur gravissimo atto della profanazione del sacro tempio laico della democrazia americana, ma rappresenta il sintomo di una pericolosissima pandemia che sta colpendo l’intero scenario mondiale.
Il ventesimo secolo era stato caratterizzato da due guerre mondiali dagli esiti tragici in termini di perdite di vite umane e di distruzioni, insieme al genocidio di milioni di ebrei e, dopo quasi un cinquantennio di guerra fredda contro il comunismo sovietico, che aveva soffocato, anche con l’uso dei carri armati, la libertà di mezza Europa, sembrava essersi concluso con la definitiva vittoria della democrazia liberale, con la sola eccezione della Russia, dove, al posto della dittatura sovietica, si era imposta quella, erede del KGB di Putin.
Non era così.
La realtà contemporanea vede la più popolosa nazione del mondo e forse la maggiore potenza economica, la Cina con un miliardo e quattrocentomila esseri umani soggetti, in cambio di una ciotola di riso o poco più, alla dittatura comunista di Xi Jin Ping, un cinico individuo di fronte al quale Mao Tse Dong appare come un nostalgico sognatore, che ha creato un sistema che poggia su una burocrazia e dei finanzieri di partito, ricchissimi e onnipotenti, che, se danno anche impercettibili segnali di autonomia, tutti i loro beni vengono confiscati e loro stessi sono condannati a lunghe pene detentive o a morte.
Milioni di cittadini della civilissima Hong Kong vengono quotidianamente sottoposti a tremende repressioni ed arresti, rispetto alle quali impallidisce il ricordo della strage di Piazza Tien Ammen, che riguardò solo poche centinaia di studenti.
Tutto questo nel secolo scorso avrebbe comportato da parte dell’Occidente una nuova guerra fredda e avrebbe stimolato uno spirito di emulazione volto a dimostrare la superiorità delle democrazie liberali. Oggi invece produce la rincorsa a fare affari con la Cina e a coltivare, anche in quello che una volta si chiamava il mondo libero, tendenze autoritarie, che producono personaggi come Trump, che, ha ottenuto quasi la metà dei consensi del popolo americano, principalmente di estrazione bianca e borghesi frustrati da una diversa e molto inferiore prospettiva di crescita economica.
I suoi errori sono quelli che forse riusciranno a togliere di mezzo questo personaggio arrogante quanto rozzo e ignorante, mentre se non li avesse commessi, avrebbe potuto prepararsi ad una rivincita tra quattro anni. Oggi, indipendentemente dal rischio di un impeachment e di una grave condanna, è palesemente entrato in collisione con il Partito Repubblicano, che inevitabilmente se ne dovrà liberare e riprendere un faticoso cammino per recuperare la antica credibilità di antico grande partito del popolo americano.
Se in quella che fino a ieri era il grande faro della democrazia mondiale è capitato quello a cui inorriditi abbiamo assistito nei giorni scorsi, il problema grave è che il virus dell’autoritarismo dilaga in tutto il mondo. Bastano in Sud America gli esempi del Venezuela, dove Maduro, l’erede analfabeta del dittatore Chaves, ha ridotto alla miseria ed alla disperazione un Paese, che ancora sopravvive grazie al sostegno di Cuba e dell’Iran.
Bolsonaro sta conducendo lo stato argentino verso un ulteriore default e nessuno degli altri Paesi ha una democrazia in buona salute, ma emergono sempre dittatori e personaggi con tendenze a rubare le poche risorse pubbliche disponibili.
Africa e Medio Oriente, specialmente da quando gli USA hanno deciso di rinunciare al ruolo di tradizionale poliziotto del mondo e tutore della democrazia, sono in mano a satrapi dello stampo del siriano.
La nostra Europa, oltre ai casi clamorosi di regimi autoritari di Ungheria e Polonia, ha tra le nazioni di punta l’Italia, con un governo dominato dai populisti autoritari, nemici del progresso e dello Stato di diritto del M5S, con un PD ridotto ad una federazione di capicorrente dediti soltanto al mantenimento ed alla conquista di un sempre maggior potere senza alcuna visione politica e ignorando il rischio molto attuale di un prossimo disastro economico, con enormi conseguenze sociali, che potrebbero trascendere in pericolosi movimenti di piazza.
Allo stesso tempo l’opposizione è costituita da un partito neofascista, ovviamente in crescita perché intercetta il sentimento autoritario che si va diffondendo nel Paese e una Lega con al suo interno una componente, che si riconosce nell’attuale leader con caratteristiche sovraniste.
L’opinione moderata, a parte le velleitarie aspirazioni soltanto personalistiche di personaggi come Emma Bonino e Carlo Calenda alla ricerca di soluzioni personali per sé stessi, rimane nelle mani di Silvio Berlusconi, con i ben noti limiti, oltre che di percentuale modesta del consenso, anche anagrafici e principalmente della concezione di un partito padronale, che nell’ultimo trentennio ha dato luogo a critiche ed oscillazioni di cui certo gli italiani non possono dimenticarsi.
Purtroppo la pandemia democratica si rivela quindi persino più perniciosa di quella sanitaria, che pure ha fatto molte vittime, ha prodotto dolori e ha fermato la macchina del progresso del mondo intero.